Ecate: La divinità trimorfa dell’Oltretomba

Ecate occupava un posto unico nel panorama religioso.

Ecate, una delle figure più enigmatiche dell’antico pantheon greco, occupa un posto speciale nella mitologia e nel culto. Questa divinità ctonia, spesso raffigurata con tre teste o corpi, è strettamente associata alla magia, ai crocevia e agli inferi. La sua presenza nella letteratura greca si estende dall’epoca di Esiodo fino alla tarda antichità, con una notevole evoluzione del suo carattere durante questo periodo. Originariamente una divinità benevola nella Teogonia di Esiodo, Ecate si trasformò gradualmente in una figura più oscura e pericolosa, associata alla magia notturna e ai fantasmi. La sua natura polimorfa e il suo legame con vari aspetti della religione e del misticismo greco antico la rendono un affascinante oggetto di studio per gli studiosi moderni.

La sua evoluzione nella mitologia greca

In the Greek myth, the evolution of the goddess Hecate is one of the most fascinating divine transformations. Her progression from good goddess to potent force of dark magic and the underworld captures the ancient Greek society’s shifting perceptions and needs. Yet, for all that R. E. Wyss’s history of Hecate may reveal through the centuries of devotion that the Greeks offered to the goddess, the quiet woman with a dog at her side—often portrayed holding torches for lighting the way—remains a not-so-obvious figure of religious veneration.
La potente e venerabile divinità della Teogonia di Esiodo è omaggiata come potentissima divinità curiosa — insondabile, sì, ma non per questo di minore valore, anzi, della divinità per eccellenza, quella che, prima, durante e dopo la creazione, si mostra sempre presente e attiva. Questa è la visione del mondo che l’autore esprime nell’invettiva 161-172. Ci presenta come protagonisti, gli elementi, cha cha, in ordine giusto e preciso, presenti sempre antesignani, sorta di genitori primordiali.
Ecate subisce una trasformazione ai limiti del magico e dell’oscuro nel V secolo a.C. Le tragedie e le commedie di quel periodo attestano questa metamorfosi: per Euripide, nella Medea, Ecate è la patrona dei maghi; per Aristofane, nelle Vespe, è l’assoluta padrona dei crocevia e della notte. Insomma, secondo i due drammaturghi, la divinità dell’Olimpo è anche (e forse, in un certo senso, prima di tutto) l’amante del buio, della penombra, del mondo sottoterra.
Il rèame prediletto da Hécate sono gli incroci, dove convergono tre strade, portali che uniscono il mondo terrestre a quello sotterraneo. Triodite era, dunque, il suo titolo, a significare la signoria su questi regni, mentre l’iconografia di Hécate la rappresenta con tre teste (o corpi), a guardia delle tre strade, e a custodire, in un certo senso, gli angoli e i portali fra mondi, lussureggianti e puramente infernali.
Il mito di questa dea si arricchì di tanti significati e di tante relazioni, che l’era ellenistica e romana le conferirono. I Papiri magici greci la considerarono la potenza suprema. Ma la sua essenza si fuse anche con quella di altre divinità, come Artemide, Persefone e la Luna, intrecciando in modo sempre più sfumato e labirintico la rete delle divine relazioni.
Plutarco, una figura di spicco nella tarda antichità, presenta Ecate attraverso più angolazioni. Rappresentandola nei suoi scritti, Plutarco la dipinge dall’interpretazione rituale a quella astronomica. Questo passaggio è veramente fondamentale nella letteratura che s’interroga sulla figura di Ecate. Da quel momento, viene assegnata alla dea una dimensione celeste, come sottolineano e argomentano molto bene gli studi di López-Carrasco in “La concezione della dea Ecate in Plutarco”.
Quest’evoluzione spirituale di Ecate, dal suo ruolo originario di benefattrice alla sua manifestazione come potenza ctonia, rispecchia le trasformazioni della società greca antica. La sua versatilità, apparentemente straordinaria, di assorbire e incarnare ruoli e simbolismi diversi, pur seguendo una logica di continuità, fa di Ecate una delle divinità più “attuali”, sempiternamente rilevanti e, per noi, in fondo, delle più comprensibili.

 

Culto e rituali

Il suo culto, sfaccettato e spesso misterioso, riflette la natura complessa della dea. Dalle cerimonie pubbliche alle pratiche magiche segrete, Ecate occupava un posto unico nel panorama religioso dell’antica Grecia e di Roma.

I santuari di Ecate, spesso collocati in zone di confine, riflettevano il suo ruolo di guardiana delle transizioni e dei confini. A Mileto, ad esempio, è stato trovato un altare circolare dedicato ad Ecate nel recinto dell’Apollo Delphinium, risalente a prima del 500 a.C.. Queste prime testimonianze archeologiche suggeriscono l’importanza della dea già in epoca arcaica.

Ad Atene era venerata come ‘Epipyrgidia’ all’ingresso dell’Acropoli, accanto a Hermes Propylaeus. Questa collocazione sottolinea il suo ruolo di protettrice degli ingressi e delle porte. Allo stesso tempo, piccoli altari e statue dell’Ecate trimorfa (conosciuti come ‘hecateia’) si trovavano davanti alle residenze private e soprattutto agli incroci.

Uno dei centri più importanti del suo culto si trovava a Lagina di Caria, vicino a Stratonikeia. Lì, durante il periodo ellenistico e romano, veniva venerata come dea-madre regionale. Il santuario di Lagina comprendeva un imponente tempio con un fregio in rilievo, dove era raffigurata in varie scene mitologiche.

Offerte e sacrifici

Le offerte e i sacrifici a Ecate erano tanto particolari quanto la dea stessa. Ad Atene, la documentazione del suo culto è particolarmente ricca e varia. Le sue offerte alimentari preferite includevano un pesce che di solito veniva evitato in altri culti: la triglia (trigla). Venivano offerte anche torte sacre decorate con piccole torce accese, note come ‘anfifoni’.

Forse l’offerta più nota a Ecate era il sacrificio di cuccioli. Questa pratica, attestata in varie regioni come Atene, Kolofona, Samotracia e Tracia, era sia catartica che legata al cibo. La sua associazione con i cani era profondamente radicata nella mitologia e nelle credenze popolari, e questi animali erano considerati i suoi compagni nelle sue peregrinazioni notturne.

Un rituale speciale era costituito dalle ‘cene di Ekateria’, pasti collocati agli incroci ogni mese al sorgere della luna nuova. Questi pasti, composti da vari dolci, uova, formaggio e carne di cane, erano destinati a Ecate e ai suoi seguaci spirituali.

In Stregoneria e stregoneria

Il suo legame con la magia e il mondo sotterraneo l’ha resa una figura centrale in molte pratiche magiche. Nelle pergamene magiche e nelle maledizioni, Ecate è spesso invocata insieme ad altre divinità ctonie, come Ermes Chthonius, Earth Chthonia e Persefone.

I katadesmi, piccole lastre di piombo con maledizioni incise, sono una ricca fonte di informazioni sull’uso magico di Ecate. In un katadessmus dell’Atene ellenistica, Ecate Chthonia è invocata “insieme alle furiose Erinni”, sottolineando il suo carattere terrificante e vendicativo.

Nella pratica magica era spesso identificata o associata ad altre divinità come Bavo, Brimo e Selene. Questa fusione di identità aumentava il suo potere agli occhi dei suoi maghi e dei suoi adoratori.

L’adorazione e i rituali di Ecate rivelano una divinità che collegava il mondo dei vivi con quello dei morti, la luce con l’oscurità, la protezione con la distruzione. La complessità e l’ambivalenza che caratterizzavano il suo culto riflettono il profondo bisogno umano di comprendere e placare le forze oscure e misteriose che governano la vita e la morte.

La sua presenza nell’arte e nella letteratura

La sua rappresentazione nell’arte e nella letteratura riflette la sua natura complessa e la sua evoluzione attraverso i secoli. Dalle prime rappresentazioni alle interpretazioni moderne, Ecate rimane una figura che incute timore e fascino.

Le sue rappresentazioni nell’arte si dividono in due categorie fondamentali: monofronte e trifronte. Il primo esempio del primo tipo è probabilmente una statuetta in argilla di una figura femminile seduta su un trono, dedicata da Egon a Ecate, risalente alla fine del VI secolo a.C..

Dopo il 430 a.C. circa, la dea degli incroci è spesso rappresentata come una figura femminile eretta con tre volti o corpi, ciascuno corrispondente a uno degli incroci. Si dice che l’Ecate trimorfa sia una creazione di Alcamene. Viene spesso raffigurata con un polo (copricapo divino) e con torce in mano; occasionalmente appare con una fiaschetta, una spada, serpenti, rami, fiori o un melograno.

Presso l’Altare di Zeus a Pergamo, Ecate e il suo cane attaccano un gigante serpentino. Il suo corpo unico sostiene tre teste e tre paia di braccia, sottolineando la sua triplice natura. Estremamente rara è la raffigurazione di lei in un cratere con il bordo coperto, dove appare alata per esortare i cani frenetici di Aktaeon, mentre Artemide osserva.

Riferimenti alla poesia e al dramma greco antico

Nella letteratura greca antica, Ecate appare in una varietà di opere, dalla poesia lirica al dramma. Nelle tragedie di Eschilo, il titolo “Ecate” si riferisce ad Artemide in relazione al parto e ai giovani animali. Nella Medea di Euripide, la protagonista la invoca come protettrice dei maghi, rafforzando l’associazione della dea con la magia.

Gli scrittori greci antichi cercarono di trasmettere verbalmente i triplici aspetti della dea triforme. In una commedia di Caricle, Ecate viene umoristicamente invocata come “Despina Ecate delle tre vie, della triplice forma, del triplice volto, affascinata dal triplice pesce [barbo]”.

Anche la sua presenza nel mito e nel culto eleusino è notevole. Nell’Inno a Demetra di Omero, Ecate assiste Demetra nella sua ricerca di Persefone e, dopo il ricongiungimento di madre e figlia, diventa “ministro e assistente” della Figlia. I vasai attici includevano Ecate nelle loro rappresentazioni del ritorno di Koris e della missione di Triptolemo.

 

Η Εκάτη ήταν άμεσα συνδεδεμένη με τους μάγους

La sua eredità nella cultura moderna

La sua influenza si estende oltre l’antichità, lasciando un’impronta indelebile nella cultura moderna. Nella letteratura, continua a ispirare scrittori e poeti. La sua natura oscura e il suo legame con la magia la rendono una figura popolare nei romanzi fantasy e horror.

Nelle pratiche pagane e neopagane moderne, Ecate occupa un posto importante. Molti la considerano la protettrice delle streghe e dei maghi, mentre altri la venerano come dea delle transizioni e dei confini. La complessità del suo personaggio consente una varietà di interpretazioni e approcci nel culto moderno.

La sua iconografia ha influenzato anche l’arte e il design moderni. La sua immagine trimorfa rimane un simbolo potente, spesso utilizzato in opere che esplorano temi di trasformazione, mistero e potere.

Nel mondo accademico, lo studio di Ecate continua ad attirare l’interesse dei ricercatori. Come nota López-Carrasco, l’evoluzione della sua comprensione da Esiodo a Plutarco e oltre è un affascinante campo di ricerca, che rivela preziose intuizioni sul cambiamento delle percezioni religiose nel mondo antico (López-Carrasco).

L’eredità di Ecate nei tempi moderni dimostra il suo fascino senza tempo. Come simbolo di trasformazione, mistero e potere, continua a sfidare e ispirare, ricordandoci il nostro rapporto continuo con le mitologie antiche e la ricerca perpetua dell’uomo di comprendere gli aspetti oscuri e misteriosi dell’esistenza.

L’esplorazione di Ecate rivela una divinità che trascende i confini convenzionali della mitologia greca. Dalla sua apparizione iniziale come dea benefica in Esiodo, alla sua trasformazione in potenza ctonia e protettrice della magia, Ecate riflette le mutevoli esigenze spirituali della società antica. La sua natura trimorfa e la sua associazione con gli incroci sottolineano il suo ruolo di mediatrice tra i mondi. Il suo culto, che va dalle cerimonie pubbliche alle pratiche magiche segrete, rivela la complessità del pensiero religioso antico. Il fascino senza tempo di Ecate, che si estende ai tempi moderni, dimostra il continuo bisogno dell’uomo di comprendere e placare le forze oscure che governano la vita e la morte.

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Bibliografia